(tratto da Novinostra 1962 – IV° parte)
NOVI e IL NOVESE DURANTE LA GUERRA PER LA SUCCESSIONE D’AUSTRIA
È noto che nel 1740, in seguito alla morte dell’Imperatore Carlo VI ed alla successione al trono della figlia Maria Teresa, risolutamente avversata da numerosi pretendenti, si originò la cosiddetta guerra per la successione d’Austria.
Fu questa una delle più grand contese fra te potenze borboniche e gli Asburgo, alla quale presero parte attiva i principali stati Europei e che, come è noto, si iniziò nel 1742 ed ebbe effettivamente fine soltanto parecchi anni dopo, col celebre trattato di Aquisgrana del 1748.
Questa guerra – notevolissima per l’estensione del campo di lotta, per la quantità di forze impiegate, per i concetti e la condotta delle operazioni – a partire dalla primavera del 1745 incominciò malauguratamente ad interessare in modo diretto e grave anche Novi e tutto il Novese.
E, a dir il vero, mai la nostra terra fu coinvolta, per un periodo così lungo in eventi bellici di tanta vasta risonanza come quelli del triennio 1745-1747, allorché i nomi di Novi, Serravalle, Gavi, Voltaggio, della Bocchetta, ecc. divennero famigliari in Europa e le rappresentazioni geografiche e stampe delle relative fortificazioni e campi militari, di guerra, ebbero vasta diffusione.
In questo d in successivi articoli ci ripromettiamo di esporre gli avvenimenti politico – militari allora qui svoltosi e di rammentare i grossi guai passati in conseguenza dai nostri padri.
La rievocazione di quelli di quelli che furono forse i più travagliati e tristi anni vissuti dal Novese, ci consentirà anche di chiarire nei suoi veri termini il problema politico – militare che maggiormente influì sulla storia della nostra terra negli ultimi secoli, il grave persistente contrasto tra il Piemonte e Genova.
La trattazione stessa potrà anche eventualmente, costituire base o spunto per più studi e ricerche sul Novese nel XVIII secolo da parte di altri patiti come noi della nostra storia.
CAMPAGNA DEL 1745
- La forza in campo e i piani operativi.
Stavano in quell’anno da una parte Spagnoli, Francesi e Napoletani, sotto il comando supremo dell’Infante don Filippo di Spagna; dall’altra Austriaci e Piemontesi agli ordini del Re Carlo Emanuele III di Sardegna, buon sovrano e valoroso condottiero.
L’esercito dell’Infante di Spagna era formato da due corpi.
L’una sotto i diretti suoi ordini, comandato però dal Maresciallo di Francia G.B. Des Marets marchese di Maillebois e costituito da circa 60.000 uomini fra Spagnoli e Francesi si era raccolto nel mese di maggio sulla Riviera di Ponente, nella zona di Nizza, l’altro al comando del generale spagnolo Giovanni Bonaventura Thierry Dumont conte di Gages, della forza di 15.000 uomini fra Spagnoli e Napoletani si era concentrato sulle Riviera di Levante, nella zona di La Spezia.
La Repubblica di Genova di cui, come è noto, Novi faceva parte, dopo lunghe tergiversazioni, col trattato di Aranjuez del 1 maggio di quell’anno, si era impegnata a permettere agli alleati Gallo – Ispani il transito nel suo territorio, ad aiutarli in tutto per mare e per terra e a fornir loro un corpo ausiliario di 10.000 uomini di fanteria e 36 pezzi di artiglieria.
Gli alleati consideravano molto importante l’apporto genovese per la particolare posizione geografica del territorio della Repubblica, buona base di operazioni per avanzare verso il Piemonte e al Lombardia, minor importanza davano al concorso militare vero e proprio, riponendo scarsa fiducia in quelle truppe racimolate alla meglio e nei loro capi, notabili non avvezzi alle armi. In pratica però, i Genovesi compirono egregiamente, secondo gli impegni presi, il loro dovere e, incorporati tra gli alleati, si batterono con onore.
Non è certo nostra intenzione di diffonderci nel parlare del rinomato piano di guerra di Gallo – Ispani per l’invasione del Piemonte e della Lombardia muovendo dalle due Riviere , piano studiato dal Maresciallo Maillebois (più particolarmente dal suo Capo di Stato Maggiore il Generale Pietro Giuseppe de Boudecet di Fenestrelle, insigne maestro della guerra di montagna) esso preannunciava l’analogo celeberrimo piano di guerra magistralmente messo in atto, circa mezzo secolo dopo, dal Generale Buonaparte per la campagna d’Italia del 1796.
In sostanza gli alleati Franco – Ispani intendevano con l’armata del Maillebois, dal Nizzardo, avanzare lungo la Riviera di Ponente, passare la barriera montana al Colle di Cadibona e contermini a marciare poi su Torino per costringere il Piemonte a deporre le armi e separarsi così dall’alleata Austria.
Con l’armata del Gages , dalla zona di La Spezia, avanzare lungo la Riviera di Levante , unirsi alle truppe genovesi e con esse varcare l’appennino al colle della Bocchetta per marciare quindi sul Novese e poscia sulla Lombardia.
L’esercito austro sardo contava pure di due corpi: l’uno sotto gli ordini del Re di Sardegna e formato dai piemontesi raggruppati in 26 battaglioni e 32 squadroni, si era raccolto nella zona di Alessandria e con altri 5 battaglioni al presidio di Tortona ed una piccola guarnigione al forte di Serravalle (località queste due ultime da pochi anni annesse al Regno di Sardegna). Inoltre 12 battaglioni piemontesi erano in osservazione in val Tanaro e vari distaccamenti occupavano i forti e gli sbocchi delle valli alpine.
L’altro agli ordini del generale Conte Luigi Ferdinando Schulemburg comprendente gli Austriaci a forte di 42 battaglioni e 42 squadroni, il 19 giugno era concentrato nella zona di Novi con grande scompiglio degli abitanti, come vedremo subito appresso, – spingendo elementi avanzati verso Voltaggio.
Era intendimento degli Austro – Sardi di coprire il Piemonte e la Lombardia dal previsto poderoso attacco dei Gallo – Spani.
La flotta inglese comandata dall’Ammiraglio Keith operava per mare molestando la costa ligure per agevolare gli Austro -Sardi stessi.
2 – Guai passati dai Novesi: fin dall’inizio delle operazioni.
Prima di sintetizzare lo svolgimento delle operazioni belliche, riteniamo opportuno accennare brevemente ai grossi guai passati, fin dall’inizio, della nostra Novi in conseguenza delle occupazioni straniere e soprattutto di quella austriaca che fu di gran lunga la più dura e quella maggiormente protrattasi.
Allo scopo, attingeremo essenzialmente agli scritti del nostro illustre professor Francesco Trucco, ormai da parecchi anni scomparso, che fu profondo e appassionato studioso della storia in genere e di quella novese in particolare.
Non è il caso di ricordare come già altre volte Novi ed il Novese in genere avessero dovuto subire dolorose occupazioni da parte di truppe straniere, come nel corso della guerra del 1625 di cui è sto trattato nel precedente articolo.
Ad esempio, altra volta dopo di allora – ricorda il Trucco – proprio sul finire dell’ottobre 1691, si era ad un tratto sparsa la voce che < le squadre alemanne, le quali prima dimoravano in Piemonte, incalzando loro l’inverno avevano determinato di ritirarsi a quartiere e che loro intento era di fermarsi sotto l’insigne luogo di Novi>.
Ed in effetti, ai primi di novembre era giunto nei pressi della città il cosiddetto Reggimento di Lorena comandato dal Principe Caraffa e composto da 4.000 fanti, 2.000 cavali e vari pezzi di artiglieria.
Ma quella volta le cose erano andate abbastanza bene, poiché la permanenza era stata, in effetti, assai breve e, salvo qualche provvista di viveri ed una lieve contribuzione in denaro – poi rimborsata dalla Serenissima – nessun grave danno ne derivò alla nostra Novi.
Talché una anonima relazione circa tale avvenimento terminava con elogi di spiccato sapore secentesco – per i Padri e Deputati del Comune in quanto < tacerne le lodi sarebbe uno spogliarne il lor merito, avvenga che seppero vincere senza combattere e non perdere combattuti>.
Assai diversamente, invero, andarono le cose nell’anno 1745 e nei seguenti.
Come ricordano vecchi scritti, il mattino del 18 giugno di quell’anno i Novesi videro, dall’alto delle mura, sfilar sotto di stesse < alla sordina da due a mille e più Panduri, Varadini e Liccani che con la loro scorta di due bande di Ussari a cavallo, presa a dritta la strada di Genova, fecero alte nelle vallate a Tacchino e Bellassa.
Il giorno dopo, poi, verso le ore 13, tornata vana la protesta del Governatore Genovese della città, Bartolomeo Lomellino, era arrivata in quel di Novi l’intera armata Austriaca, comandata dal già ricordato grosso personaggio S. E. Luigi Fernando del Sacro Romano Impero di Schulemberg Osinauen ed anche Generale e Tenente Maresciallo di Campo, Colonnello di un Reggimento di Fanteria, Consigliere intimo di S. M. Regina di Ungheria e Boemia, ecc.
Il giorno dopo, poi, verso le ore 13, tornata vana la protesta del Governatore Genovese della città, Bartolomeo Lomellino, era arrivata in quel di Novi l’intera armata Austriaca, comandata dal già ricordato grosso personaggio S. E. Luigi Fernando del Sacro Romano Impero di Schulemberg Osinauen ed anche Generale e Tenente Maresciallo di Campo, Colonnello di un Reggimento di Fanteria, Consigliere intimo di S. M. Regina di Ungheria e Boemia, ecc.
Con lui era giunto anche il generale Conte Della Rocca, comandante delle alleate truppe piemontesi ed i rispettivi Stati Maggiori, talché la nostra Novi era diventata improvvisamente una città ….. austro-sarda.
Gli 8.000 e più abitanti che essa allora contava vennero pressoché sopraffatti dai nuovi giunti, si trattava, invero, di un corpo di esercito di circa 20.000 soldati – composto da fanti, cavalli, artiglieria e treno – che circondata la città, la occupò senz’altro presidiandone le porte, invadendone ed ingombrandone le strade e la piazza e costringendo, tra il generale scompiglio, i Padri del Comune ad una immediata distribuzione di alloggi per gli ufficiali in ogni casa cittadina.
E subito dopo < cento carri di fieno, buon trattamento agli ufficiali nelle case, copioso rinfresco di vino all’ interno acquartierate truppe furono gli usati complimenti e le prime comande fatte ai pubblici rappresentanti>
Ma, osserva giustamente il Trucco, questo non era che il principio: dolori, violenze e vergogne dovevano succedersi senza fine, a Novi e in tutto il Novese, in quella lunga passione della nostra terra durata per ben tre anni e otto mesi, come vedremo in seguito.
(continua)- da novinostra 1961
ALBERTO MONTESORO. (Generale di Divisione)