Il 17 gennaio 1883 si inaugurava a Parigi il nuovo teatro Eden in rue Boudreau. I lavori erano cominciati nel 1880 sotto la direzione degli architetti William Kibin e Albert Duclos. La maestosa opera in stile orientale disponeva di 4000 posti, il palcoscenico era profondo 28 metri, tutto era enorme, traboccante di decorazioni e di elaborate rifiniture.
Il lettore si chiederà quanto possa interessare ad un novese l’apertura di un nuovo teatro a Parigi, ma il motivo per ricordare quel lontano avvenimento di fine Ottocentosta nel fatto che per l’inaugurazione era stato scelto il capolavoro del nostro Romualdo Marenco: il ballo EXCELSIOR. La prima di questo eccezionale lavoro, che era stato musicato sulle coreografie di Luigi Manzotti, era letteralmente esplosa alla Scala di Milano la sera dell’11 gennaio 1881 ed in proposito il Corriere della Sera scriveva : “In scena il dispiego di mezzi è imponente, il tutto è composto di undici quadri, ricco di effetti speciali e si avvale di un corpo di ballo costituito da 450 elementi, è il paradiso, il trionfo dell’umanità incivilita, una festa del pensiero ricco e splendido, lo spettacolo è molto patriottico, tanto che pure la sala è piena di lampadine e bandiere tricolori, si vuole esaltare l’avvento di un mondo in cui regnano modernità e pace. L’incasso è straordinario: 6.000 lire. Lo spettacolo resta in scena per 103 sere consecutive e sempre al tutto esaurito”.
Rileggiamo ora insieme l’articolo apparso su un giornale parigino l’indomani dell’inaugurazione del nuovo teatro e ripreso poi in italiano dal periodico “Il Teatro Illustrato “del 1883 edito da Edoardo Sonzogno. Lì è come assistere ad un avvenimento accaduto 130 anni orsono e il recensore ha ancora nelle orecchie le espressive note del Marenco che hanno accompagnato gli effetti scenici e le meravigliose coreografie del ballo Excelsior.
Carlo Tono
L’inaugurazione dell’Eden teatro segnò uno di quei trionfi ai quali Parigi non era solita assistere da gran tempo, non tanto per la bellezza della sala, quanto per la novità, la grandiosità e il lusso dello spettacolo.
Non appena il pubblico pose piede in questo nuovo teatro, fu compreso dalla maraviglia; e, cominciando dal vestibolo, ne ammirò l’imponente volta e le larghe scale marmoree che mettono al ridotto elegante e inondato di luce.
La sala è una specie di pagoda indiana abbellita da tutto quanto può essere ideato da una fervida fantasia. Fra le svelte arcate scorgersi, maestosamente dipinta, una splendida corte indiana. Le molte figure in diverse foggie europee, il giardino d’inverno coi suoi ghiacci giganteschi, le belle pitture di Clairin, le vetriate, le colonnate, i mosaici, le volte a varii colori spiccanti in un oceano di luce a gaz ed elettrica, le fughe di logge e di gallerie, la vastità della sala e della scena, profonda quest’ultima ben 28 metri, il sipario dei signori Chapron e Rubè, che è un ampio tappeto di Smirne su cui discendono stupendi drappi, e finalmente la ricchezza non disgiunta da una saggia armonia, costituiscono un insieme di cose degne di grande ammirazione.
Il ballo “ Excelsior “ che inaugurò il nuovo teatro, è, per giudizio della critica parigina, di genere affatto nuovo, ma che piace, che affascina ed oltrepassa tutto quanto venne offerto fino ad ora dalla coreografia francese, tale insomma da aprire a quest’arte un’era affatto nuova.
Ciò spiega come il critico del Gaulois abbia potuto chiamare Luigi Manzotti il Sardou della coreografia.
La messa in scena è magnificata siccome non avente l’eguale pel lusso e la splendidezza non mai prima veduta; e la stampa francese non passa sotto silenzio la bellezza delle tele dei signori Robecchi e Fromont, il palazzo del progresso che abbaglia la vista in modo da cercarsi invano altrove alcun che di simile.
I pittoreschi vestiarii di Draner; l’ufficio del telegrafo; il deserto, il taglio del Cenisio , ecc., ecc.
La stessa stampa proclama Manzotti insuperabile nell’ideare le evoluzioni coreografiche, rinnovantisi ad ogni istante, i passi, i ballabili più nuovi, i movimenti caleidoscopici e un’infinita varietà di figurazioni accessorie, ottenendo mirabili effetti colle variazioni e mediante l’avvicinare o l’allargare i gruppi e producendo i più attraenti contrasti di colori, mosaici di esseri viventi, e svariati quadri di trasformazioni con movimenti, strategie e mille altri mezzi sempre nuovi ed incantevoli.
Se la stampa parigina fece omaggio ai talenti del coreografo, non si mostrò meno imparziale coll’autore della musica, l’egregio maestro Romualdo Marenco, e trova che questa, pur nella sua classicità, corrisponde ai portali dell’arte moderna, accontenta il pubblico, lo rapisce, lo inebria con un dolce movimento cadenzato, e cita fra i pezzi più notabili la polka del secondo quadro, la musica del Weser, la scena del telegrafo, il ballabile di Suez, la danza dell’Almea, il brano sinfonico allo scoprimento del monte Cenisio e il ballabile delle nazioni.
La stessa stampa fa omaggio agli esecutori strumentisti, tanto cioè alla banda, che sul palcoscenico fa echeggiare le sue potenti sonorità , quanto all’orchestra, diretta dal valoroso maestro Alceo Pantaleoni.
Largo tributo di lode venne pur reso agli artisti primari del ballo ed alla falange delle danzatrici e dei coriferi. Il passo della saboliere, una delle più vive memorie dell’Opera, fu trovato sorpassato e di molto, dalla grazia, dall’estro e dalla fervida fantasia che accompagnano ciascun quadro dell’Excelsior. Si riconobbe che la signorina Operti, nella parte matronale del Progresso, agì con molta espressione drammatica, rendendo mirabilmente chiaro ogni suo gesto; che la signorina Cornalba in quella della civiltà mostrò di essere una delle più valenti danzatrici applaudite sulle scene francesi; che nel personaggio dell’Almea la signorina Lans diede belle prove di slancio e sicurezza. Si lodarono non meno i signori Montanaro, vero tragico, il Cammarano che sostenne la parte dello schiavo, e le trecento danzatrici che formano una irresistibile attrattiva di questo grandioso spettacolo.