La Fiera di S.Caterina

di FRANCESCO MELONE

« Qual sia, qual fosse già, e qual sia  stato anticamente il più utile pregio di Nove, non occorre l’indugio di ricercati preamboli per dimostrarlo, giacché troppo chiaro a giorni nostri per fatto, per tradizione e per scritti altrettanto pregevoli, manifestissimo: le fiere, intendo, celebratissime e il gran commercio d’ onde si è resa Nove e rendesi famosa tuttavia fin oltre i monti.

È superfluo affaticarsi a pro del credito di tal città, la quale, come a tutti è palese, non invidia qualunque altra di Lombardia, essendo ella, per così dire, il Portofranco delle merci di Genova dirette a quella parte. Non vi è popolo di qua del Po che ivi non accorra per provedersene, non vi è feudo che ivi non porti i suoi prodotti, grano, vino, fieno, risi, legna, erbaggi e tutto il resto che può servire alle bisogna e voluttà dei viventi.

 Non è in oggi, come ad altri luoghi, destinato a Nove in dati tempi lo spaccio delle derrate, ma quotidiana però chiamasi la fiera; ed è un piacere, e piacer di ogni giorno, a chi sorge di buon mattino, il vedere come carche di vettovaglie forestiere sono colla piazza le vie d’intorno e come in brieve dai compratori si spogliano ».

Queste colorite notizie si hanno da un manoscritto della seconda metà del 1700, conservato nella  Biblioteca covica Berio di Genova, intitolato Saggio storico della Città di Nove, attribuito ad un ragguardevole personaggio di Novi, Tommaso Cavanna, il quale continua di questo passo, illustrando molto efficacemente l’importanza delle fiere di Novi. Egli cita fra l’altro, a conforto di ciò che scrive, le testimonianze di alcuni stranieri di passaggio, come il francese Joseph Lefrancois de La Lande, che aveva visitato Novi nel 1765, il quale nel suo Voyage in Italie, dopo aver magnificato la “ trattura della seta ”, aggiunge: « Le fiere di Novi sono celebri per le operazioni di cambio che vi si fanno e che danno la possibilità di impiegare il denaro con profitto, senza metterlo a interesse» o la citazione del Dizionario Universale degli inglesi Efraim Chambers e George Lewis, edito nel 1778, che riporta: « Le fiere di Nove, piccola città nel Milanese sotto il dominio della Repubblica di Genova, sono quattro all’anno…. Ciò che principalmente contribuisce a renderle così famose è il grande concorso dei più ricchi mercanti e negozianti dei regni vicini per transigere affari,o negozi e per saldar conti».

Una puntuale spiegazione del successo della nostra fiera sarà  poi data  da un articolo del direttore del giornale novese “La Società”, apparso il 13 gennaio 1901, che afferma, a commento della proposta del Consiglio Comunale di Novi di uno stanziamento di mille lire per il miglioramento della manifestazione: « Le condizioni di un mercato non dipendono dalla particolare condizione di un piccolo luogo, ma hanno vita in relazioni più ampie e complicate, che si connettono alla generale prosperità delle industrie, dei commerci e dell’agricoltura ».

Ci sono avvenimenti strettamente legati alla vita di una comunità, che finiscono per essere in qualche modo identificati con la storia, la cultura e le usanze di quella comunità. Per Novi Ligure Santa Caterina non vuol dire solo fiera, ma significa rievocare ogni anno buona parte di quanto di tradizione e di costume c’è in questa Città, ed allora diventa importante sapere come tali fiere fossero davvero quel grosso avvenimento che il Cavanna ci presenta e perché siano potute assurgere a tanto.

Quanto alla loro origine, si trova qualcosa di accertato in un altro manoscritto più antico, attribuito a tal Paolo Serra e pubblicato dal sacerdote novese Gianfrancesco Capurro (nato in frazione Merella nel 1810 e morto nel 1882), il quale, oltre ad essere stato filantropo, educatore e patriota, si dedicò fra i primi a studiare gli eventi delle nostre terre con lo scritto Memorie e documenti per servire alla storia della Città e Provincia di Novi” e promuovendo allo scopo anche gli scavi di Libarna.

Le vicende delle fiere a Novi si perdono nella nebbia del Medioevo. Risale infatti al 22 settembre 1388 l’assenso del Duca di Milano, Gian Galeazzo Visconti, sotto il cui dominio si trovava allora la nostra comunità, per l’istituzione di un mercato, che, in base alle sue prescrizioni, doveva essere aperto non più di una volta alla settimana nel luogo detto “Zerbo”, una contrada delle più antiche, corrispondente alla località dove si apriva l’omonima porta, detta anche di “S.Pietro”, per la vicinanza a questa Chiesa. Guarda caso, proprio dove oggi si svolge il mercato settimanale del giovedì.

Nel 1529 Novi, liberata dalla tirannia dei Fregoso, s’era legata definitivamente alla Repubblica di Genova ed occorreva pertanto uniformarsi agli Statuti della Superba. Il 14 luglio 1586, la disposizione del 1388 viene sostituita da un nuovo provvedimento, che tra l’altro, per incoraggiare l’afflusso dei forestieri e dei pellegrini, introduce l’uso di un salvacondotto, il cui possesso prevede l’immunità sui reati riguardanti debiti per la durata di un mese.

Da quel tempo Novi, situata sulle strade che collegano Genova alla pianura Padana, gode di una operosa tranquillità e di un sempre crescente benessere, dovuto soprattutto al commercio di stoffe, tessuti e sete. Ricordiamo che Paolo da Novi, prima di essere eletto dal popolo genovese suo Doge e di lasciare per volere francese la testa sul ceppo 18 giorni dopo, aveva esercitato in Portoria il mestiere di tintore di seta, trasmessogli a Novi dal padre.

Genova è sempre una potenza marinara, per cui anche se le sue colonie in Oriente hanno perduto la loro importanza politica, esse si sono venute trasformando in colossali imprese commerciali. D’altra parte una vasta rete d’affari si era stabilita tra Genova ed i più importanti centri europei, e Novi era il suo primo importante abitato al di là dei Giovi, al confine della Repubblica  e ai margini di una ubertosa pianura.

Le merci che l’Oriente poteva fornire, principalmente spezie, tessuti preziosi, tappeti, ecc.,venivano assorbiti da mezza Europa – all’altra metà provvedeva Venezia – ma per ciò che costituiva genere di prima necessità e oggetto di consumo ordinario, Genova doveva dipendere dall’entroterra e soprattutto dalla Lombardia, per cui, prima che le nevi chiudessero i passi sul giogo, doveva pensare a portarsi a casa le provviste per la stagione invernale.

Intanto il 2 agosto 1607 i Rettori della Comunità di Novi, con a capo il SindicoOrazio Cavanna, indirizzano una petizione al Serenissimo Senato della Repubblica Genovese per ottenere l’istituzione di tre fiere annuali, suggerendo di tener conto delle seguenti festività stagionali: S.Giorgio il 23 aprile, l’Assunzione della Madonna il 15 agosto, e S.Caterina, il 25 novembre.

Non veniva chiesto né qualcosa di nuovo, né di particolare. Infatti, con un uso generalizzato in tutto il territorio dell’Oltregiogo, erano sorte nel corso dei secoli, dal XII al XVI, almeno tre fiere annuali, sia pure con date diverse per le varie località. Si aveva così una fiera di primavera, generalmente fissata in un giorno di aprile, la quale consentiva di ripristinare le scorte che l’inverno precedente aveva esaurito o ridotte, una fiera d’estate, in luglio o in agosto, per poter commerciare soprattutto il grano, ed infine quella d’autunno, fissata di regola dopo la vendemmia, per la compravendita delle uve.

Erano richieste inoltre la franchigia per i dazi ed il salvacondotto per merci e persone, di una durata di almeno otto giorni per ogni fiera.

Il Senato genovese accoglie la richiesta in data 29 agosto 1607, con un decreto, che viene reso noto ai cittadini novesi, accorsi in piazza della Collegiata, dall’araldo comunale ”de verbo ad verbum”, cioè con gli opportuni chiarimenti circa le modalità ed i diritti prescritti. Oltre alla Fiera di S. Caterina, il 25 novembre, vengono concesse altre due fiere: di S. Giorgio. il 23 aprile e l’altra di S. Bartolomeo, il 24 agosto. Benché l’allestimento di tre fiere annuali, dimostri l’intensa attività commerciale, quella di S.Caterina finirà poi col prevalere, malgrado la stagione fosse sovente poco favorevole, perché sulle altre si sovrapposero le cosiddette Fiere di Cambio.

 

 

 

2 thoughts on “La Fiera di S.Caterina

  1. Dominique ALHERITIERE

    Buongiorno, Qualcuno mi può dire perché le banche che si riunivano a Piacenza per le operazioni di cambio hanno deciso poi, dall’inizio del 600 a traslocare le loro operazioni a Novi, costringendo le grande famiglie a costruire un palazzo sulla via principale della città ? Cerco questa risposta da anni !
    Mille grazie
    Un Francese appassionato dall’Italia

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    1. Redazione Novinostra Autore articolo

      Gent.mo,
      innanzitutto grazie per l’interessante quesito, le risponderà al suo indirizzo mail il Presidente della Sociatà Storica del Novese Francesco Melone al più presto.

      Redazione NOVINOSTRA

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