Leggere l’ambiente nelle Carte antiche – di GIAN PAOLO MANTERO
Nell’Europa della Restaurazione non sono mancate imprese cartografiche speciali. La Gran Carta degli Stati Sardi di Terraferma pubblicata a Torino in 91 fogli litografici in bianco e nero è senza dubbio una di queste, rappresentando anche la copertura vegetale in modo elementare in scala 1:50.000.
Si sono conservate all’Istituto Geografico Militare (IGM) di Firenze anche le Minute di Campagna, levate sul terreno a diverse scale manoscritte tra il 1816 ed il 1828 dagli ufficiali del Corpo Reale di Stato Maggiore Generale. Si tratta di una produzione che deve aver largamente superato il mezzo migliaio di carte manoscritte, servite in seguito al lavoro di compilazione dei 91 fogli pubblicati al 1:50.000. Questa impresa Piemontese fu celebrata tra le grandi tappe della tecnica cartografica strumentale nel corso del XIX secolo. Ma la storia della Gran Carta degli Stati Sardi di Terraferma e della sua lunga compilazione non è mai stata scritta e, benché questi documenti cartografici raramente siano anonimi, di questa generazione di rilevatori e compilatori si sa pochissimo.
In pochi anni con missioni estive della durata di diverse settimane, uno o due ufficiali, per “tavoletta”, con l’aiuto di qualche collaboratore, produssero decine e decine di magnifiche carte manoscritte, planimetriche (Minute di Campagna), colorate, alla scala 1:9450 e 1:10.000, molte a 1:20.000 del Ducato di Genova annesso allora agli Stati Sardi.
Per i topografi piemontesi si trattava di affrontare, tranne che nel periodo invernale, a piedi o in dorso di mulo una regione montuosa, densamente popolata e frazionata, proprio nell’area montana , in una moltitudine di unità politiche ed economiche diverse, sprovviste di catasto. La preparazione tecnica di questa èlite militare appare oggi straordinaria: costretti a non abbandonare il settore affidato per settimane da severi ordini del giorno, che prescrivono ad esempio all’ufficiale in missione (che pernotta spesso in tuguri pastorali o se va bene in qualche casa colonica) di non vestire se non il “fracco uniforme”, hanno l’incarico di raccogliere una messe di informazioni su popolazione, risorse (in particolare forestali) e toponomastica, in appositi individuali “quadernetti di campagna”.
Si trovano all’opera in queste missioni sulle montagne e colline appenniniche esclusivamente giovani della nobiltà subalpina: cadetti di Salasco, San Marzano, della Marmora, di Santarosa, del D’Argennes, de Ravel . Una delle èlite di tecnici che fa parte di una classe politica i cui membri si trovano ancora a proprio agio sia in montagna che a corte.
Se l’abilità strumentale dei rilevatori è stata riconosciuta da tempo, interessa oggi comprendere, per gli studi storici e di economia agricola locale, quanto è la
Fig1 – Estratto del “QUADRO di UNIONE DELLE MINUTE di CAMPAGNA“ levate sul terreno tra il 1818 e il 1828 dal personale militare del Corpo Reale di Stato Maggiore Generale piemontese.
loro personale capacità di osservazione e di traduzione: l’osservatore infatti abitualmente si esprimeva in francese, la lingua colta nel Piemonte d’allora, mentre si trovava di fronte una realtà locale raccontata dagli informatori in dialetto o in un italiano largamente dialettale. Colmare questo divario durante le missioni e nella compilazione delle carte è stato possibile, salvo qualche approssimazione e incomprensione. Si tratta di piccoli dettagli che risultano oggi molto interessanti per chi si occupa di storia locale.
Succede, ad esempio, che le vaste estensioni di pascoli alberati appenninici sottoposti ad uso multiplo agricolo e forestale scompaiano nella edizione litografata. Oppure si trasformano attraverso le classificazioni adottate dai singoli topografi in boschi o in prati o, più sovente, in terreni incolti e così sono segnalati in modo discontinuo nella edizione finale del 1852. Mentre nelle “minute di campagna” conservate all’IGM di Firenze, più dettagliate, si rinvengono ancora le tracce dell’esistenza dei pascoli alberati e delle pratiche di utilizzazione annesse1.
Le “minute di campagna” sono disegnate a colori (rosso le abitazioni, azzurro i corsi d’acqua), sono in numero di 142, coprono tutta la Liguria, parte dell’Alessandrino e parte del Vogherese. Qua e là rimangono dei “buchi” cartografici, come ad esempio nella nostra area geografica: la Val Curone. Risultano poi utili a studiosi e ricercatori per conoscere a fondo le campagne, il loro uso agricolo, la toponomastica, il tracciato della viabilità di quei tempi, che univa i centri abitati ed i cascinali.
Novi è inserita nella carta topografica, foglio n.61, degli Stati di Terraferma di S.M. il Re di Sardegna, alla scala di 1 : 50.000, opera del Corpo Reale di Stato Maggiore. E’ una riproduzione litografica in nero ed azzurro per le acque. E’ datata 1852, dimensioni 70×50 cm.
Novi appare pure su una carta sempre al 50.000, opera del Corpo Reale dello stato Maggiore, eseguita sotto la direzione del Maggior Generale Monthoux, comandante del Corpo di Stato Maggiore. La carta è il foglio n.0.13 e fa parte di una vasta carta costituita da 112 fogli disegnati finemente a penna, a più colori,e acquerellati con molta abilità artistica per la rappresentazione del rilievo orografico che è reso con grandissima efficacia. Risulta formato dalla riduzione di mappe preesistenti e da parziali rilievi riconosciuti sul terreno per cura di ufficiali topografi del Corpo di Stato Maggiore. Ogni foglio, anche quello di Novi, porta in calce l’indicazione della data in cui fu eseguita la ricognizione e il nome dell’ufficiale riconoscitore o ingegnere disegnatore, fra i quali spesso quello di V. Brambilla. E’ segnata inoltre la scala numerica 1: 50.000 e quella grafica di 1600 trabucchi o 2 miglia di Piemonte. Essa, datata 1818 /28, servì di originale, dopo le
Fig.2 – Territorio in pianura a nord di Novi dal Rio di Serravalle sino a Pozzolo,
estratto minuta di campagna n.103
opportune ricognizioni sul terreno, per il disegno della corrispondente carta topografica, della quale fu decretata la pubblicazione nel 1851. Messe a confronto le due tavole, la cui suddivisione in fogli non corrisponde perfettamente, si notano differenze più o meno sensibili secondo le diverse zone, pianura e collina/montagna. (Per la storia della formazione di queste carte vedi: Mori Attilio, Cenni storici sui lavori geodetici e sulle principali produzioni cartografiche eseguite in Italia dalla metà del secolo XVIII ai giorni nostri,- I.G.M. Firenze 1903).
Inoltre il territorio di Novi appare in alcune delle “minute di campagna” precedentemente menzionate. Queste carte, in tutto 142, portano il nome: “Riviere di Levante e Ponente e parte delle Province di Alessandria e Pavia”. Come tutte le altre minute si tratta di fogli irregolari e spezzoni montati su tela. L’orografia è rappresentata variamente, talvolta con curve dimostrative e tratteggio, o pure con sfumo a luce obliqua e tratteggio o pure con sfumo e curve dimostrative. Gli abitati, anche le piccole case, sono colorati in rosso; le acque in azzurro. La minuta , foglio 102, rappresentante il centro storico e alcune colline a sud di Novi sono firmate dal capitano cavaliere Pellegrini e tenente sig. Pianotti. che eseguirono le ricognizioni in data 1828.
Abbiamo poi la “minuta” foglio 101 che rappresenta la zona ad ovest di Novi con Basaluzzo e Pasturana disegnata in data 1828 sempre dal capitano cavaliere Pellegrini e tenente sig. Pianotti. Infine la minuta , foglio 103, in cui sono disegnati i territori a nord del centro storico novese sino a Pozzolo e ad est sino ed oltre lo Scrivia. Fu disegnata dal capitano cavaliere Mariani, sempre datata 1828.
Le tre “minute di campagna” descritte sono state disegnate in scala numerica 1 : 20.000. Di queste minute esiste un quadro d’unione dei rilievi (ricognizioni) eseguiti alla scala 1:20.000 che comprendono le due riviere degli Stati Sardi e parte delle attuali provincie di Alessandria e Pavia.
Per descrivere meglio queste èlite di tecnici, intendo dare infine qualche ragguaglio sullo scenario delle competenze in campo topografico in Piemonte ad inizio ottocento, ma anche già a fine settecento, prima dell’occupazione francese. Il contesto settecentesco era dominato negli Stati Italiani dalla preminenza scientifica di astronomi, matematici, geografi e topografi, religiosi regolari e laici e dalla perizia tecnica di giovani topografi e cartografi, operanti all’interno di specifiche magistrature, e di ufficiali geografi e topografi in servizio nei corpi del genio e presso gli stati maggiori. Enti cartografici statali nacquero nel primo settecento a Torino e poi a Napoli ed a Milano. Furono incaricati di eseguire la delineazione dell’immagine ufficiale dello Stato, rappresentazione costruita sulla scorta di speciali norme e procedure protocollari, definite sulla base di uno specifico sapere tecnico scientifico. Nel Regno di Sardegna, già nel 1738, fu
Fig.3 – Città di Novi con le colline adiacenti (ingrandimento). La carta termina a nord con la strada per Pozzolo-Tortona ed il Rio di Serravalle
costituito da un Comandante d’Armata (Bertola) il Corpo degli Ingegneri Topografi “per la formazione dei circuiti e delle piazze principali“ e ogni altro lavoro di simile professione. Da questa esperienza scaturì la creazione della prima istituzione cartografica italiana, l’ Ufficio Topografico Sardo, sorto proprio sulla scorta delle proposte di pochi anni prima del Brigadiere d’Armata Ignazio Bertola, che aveva formalizzato nel suo progetto di Regolamento per la scuola militare di fortificazione. Nel 1777 l’ufficio fu strutturato secondo un organigramma che prevedeva la presenza stabile di trentanove addetti: un direttore e custode dell’ufficio, sette ingegneri topografi, dei quali sei per la tavoletta ed uno per il calcolo dei triangoli, sette assistenti alla tavola e disegnatori, due disegnatori fissi a Torino e sette “traboccanti” ( il trabucco :è una antica unità di misura piemontese che consiste in 3,082 metri), oltre a quattordici indicanti.
Gli ingegneri topografi erano gli operatori principali dei rilevamenti e delle “riduzioni in netto”. Erano impegnati in missioni di campagna prevalentemente da giugno a settembre con l’aiuto di un traboccante ed in attività di atelier negli altri mesi con un assistente. L’assistente rappresentava la figura professionale immediatamente subordinata a quella del topografo, del quale assumeva funzioni di supplenza in caso di suo impedimento. I disegnatori erano adibiti all’esecuzione finale delle carte e di ogni altro disegno, curando di mettere a netto ogni sorta di lavoro sia di fortificazione che di architettura e topografia. I traboccanti infine erano impegnati nelle operazioni di misura e di stima in appoggio ai topografi; dovevano avere una buona preparazione nel campo della geometria pratica e nel disegno e possedere doti fisiche di resistenza ed agilità. Oltre al personale in ruolo organico, nelle vaste operazioni di campagna erano cooptati anche numerosi altri operatori non militari formatisi nel corso delle operazioni di rilevamento.
Il primo ente cartografico pubblico italiano fu improntato quindi ad un’organizzazione di tipo militare (negli altri Stati italiani preunitari i cartografi non appartennero quasi mai ad un’organizzazione militare), anche se non si limitò unicamente a produrre cartografia per usi bellici, ma realizzò anche carte finalizzate all’organizzazione della politica mineraria, all’uso agricolo del terreno, alla riproduzione delle vie di comunicazione, alla definizione ufficiale dei confini dello Stato, alla delineazione dei distretti delle Reali Cacce, alla pianificazione di aree di ampliamenti urbani. Gli uffici di questo ente furono collocati a Torino alle dipendenze del Quartier Mastro generale d’artiglieria e rimasero in funzione sino al 17972.
Dopo lo scioglimento del Corpo degli Ingegneri Topografi a seguito dell’occupazione del Regno da parte delle truppe francesi, nel 1814 ne furono
Fig.4 – Territorio pianeggiante a nord di NoviL La carta confina a sud col Rio di Serravalle e ad ovest con la strada per Tortona -Pozzolo
attivate le funzioni con la formazione del Reale Corpo di Stato Maggiore Generale, pressappoco con lo stesso organigramma, le stesse figure professionali e gli stessi compiti. Questa articolazione dell’Esercito Sabaudo si dedicò in gran parte a monitorare topograficamente tutta la Liguria, accorpata al Piemonte, che possedeva scarsi rilevamenti topografici e catastali. Questo Corpo nel 1841 fu articolato in più uffici, uno dei quali,. denominato come in precedenza Ufficio Topografico, rimase attivo sino alla proclamazione del Regno d’Italia, per poi dare vita al primo nucleo dal quale sarebbe nato l’Ufficio Topografico del Corpo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano e più tardi l’Istituto Topografico Militare (IGM) con sede a Firenze, che tutti ben conosciamo3.
N o t e
1. Appunti presi al seminario di studi “CARTE IN TAVOLA” tenuto a Genova nel novembre 1994. Relatori il prof. MASSIMO QUAINI docente di Geografia umana con La carta di S.M. Sarda: fonti e tecniche di rappresentazione”, e il prof. DIEGO MORENO docente di storia dell’agricoltura e geografia storica dell’Europa con La copertura vegetale nei rilevamenti storici del territorio ligure.
2. MASSABÒ RICCI ISABELLA, CARASSI MARCO, L’amministrazione dello spazio statale e la cartografia dello Stato Sabaudo, in «Atti del convegno di cartografia ed istituzione in età moderna Genova, Imperia, Albenga, La Spezia », 3/8 novembre 1986, Roma 1987.
3. MORI ATTILIO, La cartografia ufficiale italiana e l’IGM nel cinquantenario della fondazione dell’Istituto Geografico Militare (1872-1922), Stabilimento poligrafico per l’amministrazione della guerra editore, Roma 1922.
ATTILIO MORI (1865-1937), topografo dell’IGM, fu direttore della biblioteca IGM e professore emerito dell’Università degli Studi di Firenze.;
ISABELLA MASSABÒ RICCI, nata nel 1937, è archivista docente universitaria, già direttore dell’Archivio di Stato di Torino;
MARCO CARASSI, nato nel 1947, è docente, archivista, direttore dell’Archivio di Stato di Torino.
Fig.5 –Novi e le colline adiacenti. Estratto minuta di campagna n,102. Si nota il tracciato segnato sulla carta del progetto delle futura statale 35 bis per Serravalle
(NOVINOSTRA, Anno LIV n. 1, giugno 2014)