Monetazione patriottica

di FRANCESCO MELONE

E’ noto che la moneta è spesso un documento di primaria importanza per l’indagine su singoli periodi storici e ciò è risultato ancor più valido e interessante per i moti risorgimentali del 1848 e del 1849. Tuttavia non è molto noto, almeno per i non  addetti, il capitolo numismatico sulla monetazione cosiddetta patriottica, per cui si vuole qui, nell’anno delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, accennare ad alcune delle emissioni relative; si è inoltre corredato il testo con la riproduzione di più  esemplari possibile, i cui originali, compreso quello custodito presso la sede della nostra Società, oltre al valore storico, hanno per la loro rarità anche un notevole valore materiale.

Il 1848 è passato alla storia come l’anno delle rivoluzioni e dei fermenti liberali e democratici che sconvolsero l’Europa intera. L’assetto politico italiano voluto dal Congresso di Vienna fu scosso, fin dai primi giorni di quell’anno, dalla concessione delle Costituzioni a Napoli, Firenze, Roma, Torino e dalle insurrezioni di Palermo, Venezia e Milano. Queste due ultime, contemporanee e contro lo stesso avversario, il dominio asburgico, faranno scoccare la scintilla della prima Guerra d’Indipendenza.

Gli avvenimenti di quegli anni, pur nel diverso svolgimento a Milano e Venezia, a Torino e Roma, dimostrano un comune denominatore nel tentativo di conquistare all’Italia Unità e Indipendenza. Questi due ideali, che per il nostro Paese erano allora tra loro complementari, venivano diversamente sentiti dalle popolazioni italiane. A Milano e Venezia l’obiettivo dell’Indipendenza restava primario su quello dell’Unità, che era invece prevalente a Roma, differenziazioni dovute ai tipi di governo vigenti  all’inizio del 1848 in quei territori.

A Milano, dopo le gloriose Cinque Giornate del marzo, si provvede alla coniazione di monete d’oro e d’argento sulla base paritaria della lira del vicino Regno Sardo e con  decisioni rapide, che dimostrano quale fervore animi sia il Governo Provvisorio della Lombardia, sia i responsabili e gli operai della zecca.

Il fondere le svanziche e le lire austriache nei loro crogioli è considerato oltre che patriottico anche un gesto liberatorio e ne escono anche monete di notevole valore stilistico: quei pezzi da 5 lire con l’Italia che impugna l’asta, illuminata da una stella e attorniata dalla scritta ITALIA LIBERA – DIO LO VUOLE, sono colme di significato.

Manca però la moneta base, la lira, non che non fosse prevista, ma, se si vuole trovare una spiegazione, si può pensare che il desiderio di far sparire le odiate svanziche abbia influito sul lavoro riformatore della zecca, che per accelerare i tempi  conia solo monete di maggior modulo, le 40 e 20 lire d’oro e le citate 5 lire d’argento  in una certa quantità, tutte con la scritta sul verso LIRE ITALIANE, ostentata in contrapposizione alla LIRA AUSTRIACA. Ancora una volta, quindi, la lira unitaria è la grande assente, quella lira che per essere davvero italiana, non come era inciso su quelle austriache, deve presentare i caratteri metrologici di quella del vicino Piemonte, cioè con un peso di gr. 5 di argento a 900 millesimi, e quindi con valore superiore a quello imposto dall’Austria, che era di soli gr. 4,33.

Tali monete, coniate tra il marzo 1848 e il 6 agosto dello stesso anno – quando il Governo Provvisorio della Lombardia viene sciolto – al ritorno delle truppe austriache, vittoriose sull’esercito sardo, verranno dichiarate illegittime, ma, gelosamente custodite, dopo l’annessione al Piemonte, dieci anni dopo, saranno assai ricercate.

GOVERNI PROVVISORI del 1848

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Lombardia – Zecca di Milano

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Zecca di Venezia – 22 marzo 1848

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Zecca di Venezia – 11 agosto 1848

 

Anche a Venezia viene formato, il 22 marzo 1848, un Governo Provvisorio, a seguito della sommossa popolare che costringe gli austriaci a lasciare la città, e, adottando gli stessi criteri della contemporanea monetazione di Milano, anche qui senza la lira unitaria, si emettono due diversi coni per le 5 lire, una con la data 22 marzo e la scritta UNIONE ITALIANA, l’altra con la data 11 agosto 1848 e la scritta INDIPENDENZA ITALIANA.

Quest’ultima, insieme alle 20 lire d’oro sarebbe stata coniata nel 1849; infatti la resistenza dei veneziani dura fino al 24 agosto di questo anno, dopo un lungo assedio e violenti bombardamenti, che causarono sacrifici, fame, ed epidemie fra i gloriosi difensori.

Il 9 febbraio 1849 in Roma, Giuseppe Mazzini, grande assertore

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dell’idea repubblicana, proclama la Repubblica, che nella Costituente fa capo solo a lui, ma, nel mese successivo, ad un

triumvirato con Aurelio Saffi e Carlo Armellini. Fautore convinto di un’Italia unita, Mazzini fu grande idealista e come tale sul piano della concretezza non sempre brillante, inseguendo illusioni e speranze, più che la realtà, convinto che l’idea repubblicana doveva essere quella vincente su tutta la penisola. Anche la soluzione della riforma monetaria dimostrerà questo suo aspetto.

La moneta doveva assumere un chiaro riferimento nazionale e l’unità monetaria doveva anche qui essere naturalmente la lira: le caratteristiche e l’aspetto dovevano essere dettati tenendo presenti quelle che nell’anno precedente erano state coniate a Milano dal Governo Provvisorio. Sul recto doveva campeggiare la figura dell’Italia, circondata dal motto DIO VUOLE L’ITALIA LIBERA e sul verso il valore, scritto al centro entro una corona d’alloro e di quercia circondata dalla legenda REPUBBLICA ROMANA. Per le frazioni, la figura stante dell’Italia, risultando troppo piccola, sarebbe stata sostituita dalla testa galeata di Roma.

Nei fatti però, con decreto dell’Assemblea Costituente del 2 marzo 1849, modificato con decreto del Triumvirato n° 217 del 3 aprile, si coniano monete in mistura d’argento di titolo assai basso, 200 millesimi, e nei multipli dibaioccchi 16, 8, 4 e 3, il che prefigura un allontanamento dall’impostazione decimale, in contrasto con l’indirizzo che da mezzo secolo un po’ tutte le zecche italiane, sia pure con alti e bassi, avevano perseguito.

Fa eccezione la moneta da 40 baiocchi, la sola che in un certo senso fa ricordare, solo per quanto riguarda il nominale, quella da 2 lire. Persino con il Papa, nei due anni precedenti, per maggiormente uniformarsi al sistema decimale, si era pensato di abolire la moneta da 30 baiocchi, derivata dall’antico “testone”.

L’inspiegabile basso valore dell’intrinseco non trova giustificazione nelle necessità economiche del momento, ma fa pensare che si siano trovate pochissime scorte d’argento, probabilmente perché i metalli preziosi, nella previsione di giorni difficili, avevano trovato prudentemente più sicura dimora. Resta in compenso da segnalare la dignità dei coni dovuti a Nicolò Cerbara, sia per la zecca romana che per quella bolognese.
L’intervento delle truppe francesi costringe alla resa, il 3 luglio 1849, i difensori della Repubblica Romana; il giorno 14 dello stesso mese viene ristabilito il governo pontificio.

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Due valori della serie comprendente anche pezzi da Lire 1, 2, 50 e 100 emessi dalla Banca di Venezia

Sottoscrizione Mazziniana (1849 – 1851)

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Prestito Mazziniano ( 1849 – 1851)

Esemplare conservato presso la “Società Storica del Novese”
Riprende quindi la monetazione papale con lo stesso ordinamento precedente fino al 1866, quando viene introdotto il sistema decimale.

E’ interessante ricordare anche la cartamoneta patriottica del Risorgimento, perché è una documentata prova della liberalità di quelle generazioni, che rispondevano agli appelli dei patrioti, procurando loro i mezzi a favore della causa italiana.

C’è la “carta monetata per lire una” di Palmanova durante l’assedio austriaco del 1848, che porta la scritta “assicurata sopra gli stabili nr. 392, 393, 396 della fortezza” e il tricolore compare su questi biglietti, perché la carta è bianca, rosse le cifre che indicano i valori e l’anno di emissione stampato in color verde. È dello stesso anno la “moneta patriottica” della Banca Nazionale di Venezia di “lire una corrente”, insieme ai valori da 2, 3, 5, 50 e 100 lire. Naturalmente, dopo la capitolazione di Venezia, non furono ammesse al rimborso dalle restaurate autorità austriache, diventando memoria di un concorso economico cittadino a fondo perduto, in difesa della libertà. Nel 1849 viene stampato il “bono di baiocchi 10” della Repubblica Romana e il biglietto per la sottoscrizione da 1 Franco, firmato da Mazzini e da Aurelio Saffi, con l’intestazione del “Prestito nazionale italiano diretto unicamente ad affrettare l’indipendenza e la libertà d’Italia”.

Dopo la pace di Villafranca e la conseguente annessione della Lombardia al Regno di Vittorio Emanuele II, che aveva suscitato negli italiani speranze e delusioni, e dopo che i principati dell’Italia Centrale hanno votato a loro volta per l’annessione, Garibaldi invita, con azioni da 1 lira, «ogni italiano che ama la patria a concorrere colle sottoscrizioni all’acquisto di un milione di fucili». «Se con un milione di fucili – scrive il Generale – gl’Italiani, in cospetto dello straniero, non fossero capaci di armare un milione di soldati, bisognerebbe disperare dell’umanità. L’Italia si armi e sarà salva».

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La raccolta della somma  servirà per acquistare non un milione, ma soltanto 12.000 fucili, che saranno effettivamente comperati e depositati nella caserma dei carabinieri di Milano. Per l’impresa dei Mille, Garibaldi sarà dotato soltanto di un migliaio di fucili, per cui il contingente residuo sarà assegnato alle truppe del Regno Sardo.

Sempre per 1 lira viene diffuso un biglietto vistosamente tricolore con l’iscrizione “Soccorso a Garibaldi. Reduci dalle battaglie in Lombardia schiere di giovani accorreranno per liberare il Meridione.

Oltre a quelle per i fucili, altre azioni da centesimi 25, con la significativa scritta “Fondo sacro al riscatto di Roma e Venezia”, portano la data degli anni 1861 e 1862. Altro contributo a cui pensò Garibaldi fu quello che  il “Centro di Emigrazione Romana”, formato a Firenze, realizzò con l’emissione di biglietti da 5, 25 e 100 lire, datati 30 aprile 1867, aventi la dicitura “Soccorso  a sollievo dei Romani”.

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Fonti principali

MANCINI, LIBERO, Catalogo Italiano della cartamoneta, Bologna, 1976;

MELONE, FRANCESCO, C’era una volta la Lira, Ediz.dell’Orso S.r.l., Alessandria, 1999.

 

 


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