Premessa
Allo scopo di non trascurare alcun argomento di rilievo riguardante il presente ed il passato della nostra Novi, riteniamo non sia fuori di luogo accennare anche – in una breve serie di articoli – ai principali avvenimenti militari che, nel corso dei secoli, hanno interessato più o meno direttamente, la città ed il Novese in generale.
Questa rapida corsa lungo il cammino della storia potrà servire, almeno a ricordarci che, anche in passato purtroppo non poche volte i nostri padri, a causa di eventi bellici hanno vissuto giorni difficili e dolorosi sempre però essi, con la loro fede e la loro virtù seppero onorevolmente superare gravi periodi di crisi e di ansie, dopo i quali la città e tutto il Novese ripresero ben presto la loro vita ordinata ed alacre.
Prima di trattare specificatamente dei singoli avvenimenti militari ci sembra opportuno fare un rapido esame di alcuni elementi che, a nostro avviso hanno concorso in maniera preminente a determinare, o meno il verificarsi di eventi bellici nella nostra terra, che, in verità, ne ha visto parecchi.
L’imponente complesso orografico che sorge <grosso modo> entro il grande quadrilatero Genova- Tortona – Piacenza – Luni (la Spezia) e fu chiamato specialmente negli studi militari del secolo scorso “Acrocoro del Monte Antola”, costituisce nel suo insieme, una zona notevolmente elevata rispetto alle circostanti, in alcuni punti piuttosto aspra, scarsa di risorse, poco abitata e con rade vie di comunicazioni importanti, almeno fino a qualche tempo addietro. Si intuisce facilmente, anche da questo breve cenno, che esso deve aver avuto, sempre attraverso i tempi, una rilevante importanza – positiva o meno – nei riguardi umani. Saremmo pertanto qui tentati di affrontare il tema – invero assai affascinante –relativo alle funzioni esercitate attraverso i secoli, nel campo politico e militare, da questa imponente unità orografica che, un po’ selvaggia, si interpone tra quattro delle regioni più popolose e più ricche, – anche nella storia – della nostra Italia e del mondo intero: la Liguria, il Piemonte, la Lombardia e l’Emilia; e potremmo aggiungere anche la Toscana.
Basterebbe infatti, pensare che essa, sotto un certo riguardo, è stata il cuore dall’antica, vita dei Liguri; che con la sua natura rude e relativamente impervia ha certamente concorso a che essi conservassero, nel volgere dei tempi, quella tradizionale rusticità e fierezza che, nell’antichità, li fece assai diversi dai vicini Etruschi e Celti e dai non lontani Latini e ha lasciato non poche tracce anche negli abitanti di Genova e delle Riviere dei tempi odierni.
Essa fu poi il fulcro della resistenza ligure alla conquista romana e favorì, dopo lo sviluppo nel suo seno, delle caratteristiche e, sotto alcuni aspetti, ancora un po’ misteriose, unità romane di Libarna e di Velleia. La prima delle quali ancora oggi mostra i suoi gloriosi ruderi tra la dilagante modernità delle vie ferrate e delle autostrade nei pressi di Serravalle, che da essa ha voluto prendere la specificazione; la seconda ha tuttora il suo nome legato alla celebre Tavola Alimentaria di Traiano, una dei più cospicui resti della romanità, rintracciata nel 1747 da un contadino nelle colline a sud di Piacenza, dove sorgeva l’antico centro, già ligure e poi romano.
Nel Medio Evo, poscia, si originarono e si costruirono nel suo ambito la Marca Obertenga prima, la feudalità malaspiniana dopo, e, infine quelle tipiche formazioni politiche medioevali che sono i già accennati ”Feudi Imperiali” delle Valli Borbera, Scrivia e Trebbia : essi quasi miracolosamente , riuscirono a protrarre molto a lungo la loro esistenza anche nell’Evo Moderno, cioè sino al sopraddetto anno 1797.
E non meno dovremmo dilungarci qualora volessimo passare ad esaminare le funzioni esercitate attraverso i tempi dell’acrocoro dell’Antola, oltre che nei riguardi della politica, anche in quelli delle operazioni militari nell’alta Italia. – Ci limiteremo a raccontare due soli esempi, uno antico ed uno recente, interessanti ambedue i campi e dimostranti l’importanza avuta sempre dal grande ostacolo dell’Antola interponentesi fra il Mar Ligure ed il Po.
Sappiamo che i Romani raggiunsero primieramente Genova, per via di terra, non da sud (cioè per la riviera di Levante, come a prima vista verrebbe di pensare) ma da nord, cioè da Piacenza – Dertona (Tortona). Essi a tal fine, costruirono la via Postumia, che da Dertona stessa, attraversata Libarna, scavalcava la displuviale appenninica nella zona dell’attuale Passo della Bocchetta e raggiungeva alla fine la Valle Polcevera a Pontedecimo che vuolsi abbia derivato il nome dal latino <Ad ponte decimum> perché era sorto al decimo ponte o al decimo miglio da Genova sulla Postumia stessa.
Ora , anche in seguito, quando con grande fatica (a causa appunto dell’asprezza delle estremità meridionali dell’acrocoro dell’Antola, costituenti l’ossatura della Riviera di Levante e che, come noto, cadono in certi punti quasi a picco sul mare) riuscirono a prolungare la Via Aurelia da Luni a Genova, i Romani si guardarono bene dallo spostare qui l’asse fondamentale dei loro collegamenti coll’Italia Nord Occidentale e poi anche con l’oltralpe (Gallia, ecc.) ben convinti che per le difficoltà del terreno ne sarebbe conseguita una sicura grave crisi.
Detto asse continuò ad essere rappresentato dalle due classiche Via Flaminia e Via Aemilia Lepidi, con Piacenza nodo stradale principale. E in conseguenza, come di recente ricordato, in una delle sue pregevoli pubblicazioni, l’insigne storico genovese Teofilo Ossian De Negri, <Genova nell’età romana>, rimase sempre un po’ fuori dal grande traffico terrestre.
E per venire ai giorni nostri, tutti noi ricordiamo che sulle giogaie e nelle valli dell’Antola e del Penna trovò le sue sicure basi la resistenza ligure, pavese ed emiliana: e la prima ebbe tanto vigore da imporre alla fine la resa delle truppe tedesche in Genova prima dell’arrivo degli Alleati attardati anch’essi dalle difficoltà che alla loro avanzata oppose l’aspra Riviera di Levante.
E’ proprio chi scrive ricorda, non senza soddisfazione, di avere comandato le truppe della guarnigione di Genova che, in una luminosa giornata dell’ormai lontano 1947, in piazza della Vittoria, al termine di una solenne cerimonia, per prime presentarono le armi al Gonfalone della Superba poco avanti decorata della Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Con riserva, quindi di accennare eventualmente , con qualche maggiore ampiezza, ai suddetti suggestivi temi in altro articolo , qui ci basterà osservare che l’imponente e relativamente impervio complesso montano dell’Antola, interponendosi pesantemente tra il Mar Ligure (Riviera di Levante) e la riva destra del Po (Stretta di Stradella) ha costituito sempre una barriera di ostacolo pressoché insuperabile per ogni grande spedizione militare tendente, in genere, dalle Alpi Occidentali e dal Piemonte verso la pianura padana centrale (Lombardia ed Emilia) od orientale e verso l’Italia Centrale e Meridionale (Roma, Napoli, Sicilia e viceversa.
Possiamo affermare che tutti i grandi condottieri hanno saputo valutare nel suo giusto valore questo ostacolo naturale dell’Antola e hanno evitato, sia il suo attraversamento, sia il suo aggiramento a sud per Genova e la tormentata Riviera di Levante. Tutti hanno preferito passare a nord: i più avanzando sulla riva sinistra del Po (Annibale. Carlo VIII, Carlo Magno. Ecc.) qualcuno più ardito e manovriero, per la stretta di Stradella abilmente sfruttata.
Ricorderemo tra questi ultimi due condottieri eccelsi e manovratori accorti e decisi quanto altri mai: Principe Eugenio di Savoia, sommo Capitano degli Eserciti Imperiali Austriaci e Napoleone Buonaparte.
Il Principe Eugenio nel 1706, passò arditamente perla stretta di Stradella nella sua celeberrima marcia dal Veneto al Piemonte, nel corso della quale seppe sfuggire agli eserciti francesi che poco dopo, unitosi alle truppe del Piemonte comandate dal Duca Vittorio Amedeo II, batté clamorosamente nella grande battaglia – a fronti rovesciate – di Torino, dalla quale più di uno storico vorrebbe fare iniziare gli esordi del nostro Risorgimento Nazionale, e che è ricordato dalla nota Basilica
di Superga.
Il Generale Buonaparte, a sua volta, nel 1796, messo fuori causa il Piemonte, nonostante la sua eroica resistenza, si volge contro gli Austriaci: ingannatili con false manovre circa una sua possibile intenzione di passare il Po a Casale, si getta a marce forzate per la stretta di Stradella, supera il Po nella zona di Piacenza e corre a dare la famosa battaglia sull’Adda, al ponte di Lodi, che vittoriosa gli apre la strada del Milanese e dell’intera Italia.
Ed ora venendo finalmente a concludere per quanto specificatamente interessa la nostra Novi ed il Novese diremo che, essendo essi situati, come già detto, nell’estremo lembo sud della piana di Marengo , coperti verso oriente da questo grandioso baluardo naturale dell’Antola, si sono trovati , automaticamente in un canto, diremo così, riparato , in una specie di angolo morto, rispetto le grandi operazioni di guerra svoltesi in passato nella pianura padana, ed in genere dell’Alta Italia e non aventi per specifico obiettivo Genova.
Verrebbe qui la pena di ricordare al riguardo la umoristica definizione che <di angolo morto> davano i vecchi, fieri combattenti della prima guerra mondiale: <l’unico luogo in cui si rimane vivi! >
(I°parte – continua)
Tratto da NOVINOSTRA 1961/3
ALBERTO MONTESORO
Generale di Divisione